Il melanoma
Il melanoma è un tumore maligno della cute; più raramente può insorgere a livello delle mucose e dell’occhio. Il melanoma origina dai melanociti, cellule di derivazione neuroectodermica deputate alla produzione della melanina.Il melanoma rappresenta la seconda neoplasia più frequente nei giovani uomini, la terza nelle giovani donne, e il 3% di tutti i tumori . Nel 2017 in Italia sono attesi circa 14.000 nuovi casi. L’incidenza appare in aumento sia negli uomini (+4,4% per anno) che nelle donne (+3,0% per anno).
I fattori di rischio riconoscono la predisposizione su base genetica (storia familiare di melanoma, anamnesi personale per melanoma e carcinomi cutanei), la presenza di particolari caratteristiche fenotipiche individuali (carnagione e colore degli occhi chiari, capelli biondi o rossi,presenza di un elevato numero di nevi e di nevi atipici) e l’esposizione acuta ai raggi UV, sia di origine naturale (intensa esposizione solare ) che artificiale (lampade abbronzanti).
La diagnosi precoce può salvare la vita
Nonostante sia una neoplasia biologicamente aggressiva, la diagnosi precoce attraverso lo screening dermatologico è in grado di assicurare, per i melanomi cutanei, una sopravvivenza media a 5 anni pari all’87%; i giovani con età < 44 anni registrano una sopravvivenza a 5 anni di circa il 93%, nettamente migliore di quella dei soggetti con età ≥ 75 anni, nei quali si attesta a circa il 73%.
Le procedure da implementare allo scopo di raggiungere una diagnosi precoce del melanoma sono:
- L’autoesame mensile, anche con l’ausilio di uno specchio, che consente di notare le variazioni di lesioni pigmentante (nevi) preesistenti o l’insorgenza di nuove lesioni, in modo da rivolgersi precocemente al proprio medico.
- La visita del medico di base dovrebbe sempre comprendere l’osservazione della cute e delle mucose .
- In caso di lesioni sospette, la visita dermatologica in centri di riferimento, con l’impiego della microscopia ad epiluminescenza e/o della dermatoscopia, porta alla diagnosi nella quasi totalità delle lesioni sospette, con una sensibilità pari al 90% e una specificità dell’80%.
Il trattamento chirurgico
Il fattore prognostico più importante del melanoma in fase precoce è lo spessore verticale della lesione.
Nel caso di melanomi sottili (stadio IA), alla biopsia escissionale della lesione primitiva, segue un semplice intervento di ampliamento della zona bioptica precedente.
Nei casi di melanoma primitivo con uno spessore maggiore o uguale a 1 mm, contestualmente all’ampliamento chirurgico si effettua la biopsia del linfonodo sentinella. In caso di ulcerazione, tale procedura viene effettuata per spessori della lesione maggiori o uguali a 0.75mm. Solo in caso d’interessamento metastatico del linfonodo sentinella si procederà all’asportazione completa dei linfonodi della stazione interessata. In caso d’interessamento linfonodale (stadio III) o nel caso di una lesione primitiva con spessore maggiore di 3,5 mm o in presenza di ulcerazione (stadio IIB-IIC) dopo l’intervento chirurgico può essere proposto un trattamento adiuvante, allo scopo di ridurre il rischio di recidiva.
Attualmente l’unico trattamento adiuvante registrato è l’interferone alfa ricombinante.
Quando il melanoma si presenta in fase metastatica (IV stadio) l’intervento chirurgico può essere proposto solo nel caso in cui si possa ottenere la rimozione completa di tutte le sedi metastatiche ed è riservata a pazienti che hanno un interessamento metastatico limitato.
Nuove frontiere terapeutiche: i farmaci a bersaglio molecolare specifico
Con l’avvento dei farmaci a bersaglio molecolare specifico (vemurafenib, dabrafenib, trametinib e cobimetinib) e dei nuovi agenti immunoterapici (ipilimumab, nivolumab, pembrolizumab), l’approccio terapeutico al paziente con melanoma metastatico è cambiato radicalmente.
Circa il 40-50% dei melanomi cutanei ha una mutazione in V600 del gene BRAF. Tale mutazione identifica i pazienti che possono beneficiare del trattamento con la combinazione di farmaci a bersaglio molecolare specifico (dabrafenib/trametinibo emurafenib/cobimetinib).
Anche l’impiego di nuovi anticorpi monoclonali in grado di attivare una risposta immunologica efficace nei confronti del melanoma (immunoterapia di precisione) ha rappresentato una svolta innovativa nella terapia del melanoma metastatico. Attualmente, sono utilizzati anticorpi anti-CTLA-4 (ipilimumab) e anti- PD-1 (nivolumab e pembrolizumab). Tali farmaci si sono dimostrati attivi anche nei melanomi con mutazioni a carico di BRAF, NRAS e cKIT. Il trattamento con ipilimumab si è dimostrato in grado di prolungare significativamente la sopravvivenza dei pazienti con melanoma avanzato; di questi, circa il 20% sono ancora vivi a 10 anni dall’inizio del trattamento. Tuttavia, gli anti-PD-1 (nivolumab e pembrolizumab) hanno dimostrato un’efficacia e un profilo di tossicità nettamente migliori dell’ipilimumab. Tutti gli anticorpi, ipilimumab, nivolumab e pembrolizumab, sono stati approvati in Italia per il trattamento del melanoma avanzato in prima e seconda linea.
Con l’avvento di questi farmaci innovativi, la chemioterapia trova indicazione solo nei casi in cui l’immunoterapia e la terapia a bersaglio molecolare specifica siano risultate inefficaci o in caso di resistenza farmacologica. Ancora oggi, il trattamento medico con dacarbazina in monochemioterapia è considerato il trattamento chemioterapico di prima scelta; oltre alla dacarbazina, altri agenti chemioterapici attivi sono la fotemustina e la temozolamide.
Il melanoma metastatico aveva prognosi gravissima; oggi, grazie all’introduzione di farmaci a bersaglio molecolare specifico e dell’immunoterapia di precisione, la prognosi è nettamente migliorata.